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Il corteggiamento dei cardellini di San Pietro di Feletto

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4. Il corteggiamento dei cardellini di San Pietro di Felletto (mp3, preview di 60 sec.)
Animali anormali, Vol. 1

Benvenuti al quarto appuntamento con Animali Anormali. In questa puntata approccieremo un tema scottante: il corteggiamento di uno dei principali passeriformi d’Europa: il cardellino di San Pietro di Felletto.

Tali tipi di comportamenti furono studiati nel lontano secolo scorso dall’etologo irlandese Irbarol il quale, invece di cercare di effettuare approcci con coetanee in ambienti ambigui dei sobborghi di Dublino preferì vestirsi in mimetico (ma pur sempre col suo preferitissimo collare in pelle nera borchiato) e appollaiarsi nei pressi di nidi altrui a fare il guardone con una sfacciataggine davvero invidiabile.

Questo particolare cardellino è da considerarsi tipico di San Pietro di Felletto semplicemente perché è qui, e solo qui, che avviene il principale atto di seduzione del partner. Sono all’incirca seimila le coppie di cardellino che si accoppiano qui più o meno nella stagione degli amori, la primavera. Di queste solo seimila riusciranno a riprodursi lasciando incredibilmente un numero spropositato di coppie senza uova: zero coppie. Zero femmine quindi, purtroppo, non vedranno drammaticamente schiudersi le uova dei loro piccoli cardellini. Durante la stesura di questa triste statistica lo stesso Irbarol rimase così incredulo a tal punto da ponderare per ore se avesse fatto bene o male a dedicare una vita per degli stupidi uccelli venuti da altri continenti.

Sbalzi ciclici di tensione idrodinamica applicata al fluido aria sono caratteristici dei primi approcci da parte della femmina: come potete vedere, il cardellino femmina, chiamato anche “femmina di cardellino”, riconoscibile dalle caratteristiche striature nero paglierino sopraciliari, dalle piume secondarie rosso smeraldo e dalle remiganti tendenti al giallo-navy attira il maschio verso di sé agitando le ali ripetutamente circa 50 mila volte al secondo provocando la tipica disposizione delle curve di flusso del tubo di Venturi.

Secondo il teorema di Bernoulli, nella versione semplificata seiperottoquarantottoriportoquattro-ottopercinquequaranta-piùquattrocheriportavo-quarantaquattro, il maschio raggiungerà la femmina, incolume, essùn espossi bol, e per giunta senza possibilità di scelta: alla velocità dei soliti 3 chilometri all’ora*, quella caratteristica della velocità massima della picchiata del falco pellegrino europeo, il suo petto si adagierà su quello della femmina.

L’accoppiamento è dunque rimandato solo di un paio di settimane. La femmina infatti sfruttando il comune effetto velcro trattiene a sè il maschio per tutto quel tempo, utilizzando le penne primarie e secondarie. Il maschio, rassegnato, dopo qualche ora si abbandona all’idea di dover fare qualcosa. Agitandosi come un matto, sbraitando e invocando aiuti a destra e a manca, cerca seriamente di liberarsi dalla femmina senza alcun esito. Invecchierà accanto alla femmina liberandosi solo nel momento in cui l’effetto velcro verrà a perdere intensità, dopo molti mesi.

Miracolosamente in queste condizioni, pessime, avviene il classico e bizzarro accoppiamento dei cardellini di San Pietro di Felletto: si tratta di riproduzione asessuata omo-ovo-zigota altresì conosciuta col nome di accoppiamento di Tegucigalpa.

In buona sostanza la femmina resta incinta e depositerà nel giro di 9 mesi al secondo quadrato una quantità incredibile di tre uova. Il nido viene precedentemente costruito dal maschio di un altro uccello per via del fatto che i cardellini di San Pietro di Felletto maschi sono spesso indaffarati con le femmine per quella questione del velcro appena descritta.

La scelta del nido è fatta dalla femmina secondo dei criteri ben noti in statistica. A caso. Appena c’è una parvenza di nido libero, zac! la femmina, che nel frattempo si è sbarazzata del maschio ormai inutile, ci si ficca dentro a fare le tre uova. Il più importante dei requisiti che deve avere il nido è che lo spazio sia piuttosto ampio da avere un disimpegno o un angolo cottura dato che le tre uova sono piuttosto grandicelle, seppur sferiche, dal diametro di 6,5 E+10 nanotesla su ettometro. I pulli, infatti, alla schiusa delle uova che avviene rigorosamente quando non ci stanno più dentro, dovranno poi farsi spazio appena raggiungeranno la soglia critica del peso di 3,4 ettari.

La crescita dei pulli è garantita dal tipo di allevamento applicato dalla femmina madre. Con ripetuti voli di andata e ritorno verso il terreno, porta ai piccoli sbeccate di terra che rigurgita negli esofaghi dei poveri pulli affamati. Sebbene i nidi siano ad una certa altezza, ecco un caso in natura di ammirabile allevamento a terra. Inderogabilmente poi i pulli dovranno provare a fare il primo passo verso il volo della promessa, momento in cui prometteranno di rimanere uccelli per sempre. Si getteranno così dal nido, ali spiegate e tanta buona volontà.

Il maschio assiste al primo volo dei giovani compiendo voli di gioia caratterizzati da piroette, torsioni e altre acrobazie di basso conto tra cui il superamento della barriera del suono e il rilascio di vernice colorata tricolore nei cieli di Bellagio.

La femmina invece si disinteressa completamente del momento topico appartandosi con un altro maschio per ricominciare tipo catena di montaggio un altro ciclo riproduttivo. E vai di attiramento di un altro maschio, agita le ali moltissimo, tubo di venturi, velcro, riproduzione asessuata ecc ecc. Veramente noioso.

Prima del 1973 i cardellini di San Pietro di Felletto vivevano anche in un piccolo areale statunitense grande più o meno come l’Arkansas la cui latitudine variava notevolmente in funzione della velocità di rotazione terrestre. Fu un tornado, chiamato Wilma, di vaste dimensioni e di classe 5 che spazzò via interi paesi sradicando case, alberi, prosciugando laghi e rendendo desertiche regioni come il deserto a decimare le 5000 coppie di cardellini: ne rimasero dunque, dato che le frazioni non sono un’opinione, 500, le quali decisero di spostarsi in europa aggregandosi ai loro simili sebbene conscie che l’integrazione per extracomunitari nella zona di San Pietro di Felletto fosse una cosa alquanto problematica.

Fu grazie all’intervento diplomatico di Irbarol che la cosa si poté compiere senza particolari impedimenti social-burocratici.

Successivamente, come ben saprete, nel giugno del 2009 nella medesima zona in Arkansas si abbatté un altro terrificante tornado, Katrina. Classificato con classe 6.5 e dal vortice roteante in senso contrario, questo straordinario fenomeno naturale però aveva la caratteristica al suo passaggio di rimettere a posto le cose, ripiantando alberi, costruendo le case dai vecchi ruderi, spolverando, sistemando le carrozzerie delle auto con precisione esadecimale, insomma riportando le cose in maniera cristiana. Gli è valso l’appellativo di Re-tornado e un sacco di applausi da parte dei proprietari terreni delle regioni del corridoio dei tornado i quali già pregustavano il ritorno in patria degli amati cardellini di San Pietro di Felletto.

I cardellini di San Pietro di Felletto, tornati in Arkansas vennero poi sterminati a suon di fucilate a pallettoni da una spedizione di origine ignota mettendo fine all’annosa questione dell’intercontinentalità di questa specie di pennuti.

Il motivo per cui vennero sterminati è dovuto ad un evidente difetto cromosomico: una volta posatosi, il cardellino di San Pietro di Felletto emigrato in Arkansas, al momento di riprendere il volo si dimenticava sistematicamente di riaprire gli artigli. Questo, legato alla forza innata del piccolo volatile, lo costringeva a trasportare in volo interi alberi o tralicci o automobili, lasciati poi ricadere al suolo dall’altezza critica di 20 metri. Il risultato era un gran casino che invocava il ritorno di un Re-tornado. “Gloria gloria al Re-tornado”.

Con questa patetica immagine ci salutiamo anche per questa puntata. Ci ritroveremo nella quinta e quart’ultimapuntata, con un balzo all’indietro nel tempo e nello spazio: parleremo infatti di paleontologia e altre cazzate del genere. È in arrivo il dinosauro preferito da Irbarol, il muttaburra saurus, ricco di incongruenze e per questo amato dai più piccoli.

*Fonte: Monica Moresco, 2001.

3 commenti

  1. Mamma mia, ho sempre creduto che si trattase del fringuello di San Pietro di Feletto e non del cardellino! Oggi ho fatto la scoperta del secolo, grazie alle tua voce che si diffonde per tutto il continente nordamericano arkansas compreso (e Bill Clinton ringrazia)…

    • Gentile Cristina, inoltrerò ad Irbarol le sue osservazioni il più presto possibile. Nel frattempo faccio notare che ovviamente non può essere un fringuello dato che esso non è presente in centro Italia.

  2. chip

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