Il kilàmo beratoio

Siamo in piena Silla, una vastissima regione collinare di recentissima formazione eocenico carbonifera appartenente al subcontinente sudamericasiatico e sita tra la Milla e il Mar Caspio.
In questa regione dal clima semiarido del sud, habitat perfetto per le giraffe sudamericasiatiche immobili su cui una prossima relazione dell’entourage di Irbarol ci edurrà, vive un animale che da molti anni ha stimolato la scienza degli “animali imperfetti” ovvero quelli a cui manca quel qualcosa che non so come…
Parliamo dunque brevemente del termocilanto eschiloformis terebratulae thelsis detto anche brevemente kilàmo beratoio analizzando approssimativamente il suo peculiare apparato digerente.
Il kilàmo beratoio è notturno ma con apparente attività procacciatoria diurna. Essendo monotematico si nutre esclusivamente di perepette, via semplicistica per indicare le perae regularis calcidiformis thermicae che poi non sono altro che ortaggi con basso contenuto di cobalto*.

Una volta procacciatosi, col metodo infallibile della raccolta, una mezza dozzina di perepette, il kilàmo beratoio le ingoia una ad una (rigorosamente intere nonostante il diametro sia di circa 80 centimetri di media) iniziando così il processo di digestione. Il bolo di perepette premasticate attraversa il condotto tracheoesofagale anch’esso del diametro di 80 centimetri e finisce banalmente in uno stomaco capiente munito di pori extratidali che secernono un semplicissimo muco acido.
Secondo la teoria sviluppata negli anni novanta da Jefferson e Salmoiragni:

Pe(Re) + Pe(T2) + E + H2O + H2SO4 = mc2

nota anche come “legge delle perepette kilàtomiche”, avviene il processo digestivo. La trasformazione da perepetta a energia (dove m è la massa e c è carrara) permette al kilàmo beratoio di sopravvivere rendendo viva una regione come la Silla che, altrimenti, sarebbe veramente inutile.

L’ultimo recente avvistamento di un kilàmo beratoio è stato riferito da un giovane abitante della pedemontana veneta, P. Emma, che ne ha in breve tempo tratto una sfuggente raffigurazione da cui l’etologo Irbarol ha poi ridefinito l’illustrazione definitiva per il sussidiario delle scuole medie italiane.

*Il cobalto a basso contenuto è detto anche cobasso.

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