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Il muttaburra saurus del Trias Medio-Inferiore

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5. Il muttaburra saurus del Trias Medio-Inferiore (mp3, preview di 60 sec.)
Animali anormali, Vol. 1

Cari ascoltatori, eccoci di nuovo con voi per la quinta puntata della serie di documentari dal titolo “Animali Anormali”. Abbiamo spesso viaggiato per il globo alla ricerca di specie animali dai comportamenti o dalle caratteristiche peculiari, rimanendo talvolta increduli di tanta varietà e bizzarrìa. Questa volta invece no: faremo un balzo all’indietro nel tempo, precisamente fino al Periodo Triassico quando sulla Terra le condizioni di vita erano senza dubbio migliori di ora, almeno per il muttaburra saurus. Irbarol, con stupefacenti studi effettuati per anni su questi rettili giganteschi, sia sui fossili sia dal vivo, capì quali fossero le relazioni tra il pianeta Terra di allora e quello attuale. Si trattava di “evoluzione”.

Nel 1996 Irbarol passeggiava sinusoidalmente lungo un sentiero di uno dei parchi pubblici più affollati di Padova: il giardino della Cappella degli Scrovegni, altrimenti detto “Giardini dell’Arena”. Andava alla ricerca nei tronchi degli alberi di alcuni insetti fitofagi di cui andavano molto ghiotti alcuni esemplari di gufo reale che teneva di frodo in cattività rinchiusi in piccole gabbie di centimetri 20×20 apparentemente inospitali. Su questo ultimo punto nessuno apra bocca. All’improvviso però il calore delle giornate di sole primaverili gli solleticò i capelli e lo distrasse a tal punto da abbandonare la ricca ricerca. C’era un fottìo di gente che attorniava qualcosa. Avanzando a piccoli passi, capì che si trattava di qualcosa di stupefacente, cosa che, per i giardini dell’Arena non dovrebbe rappresentare di per sè una grande novità. Eppure ecco la sorpresa: giaceva a terra un bellissimo maschio di sauro che subito identificò come muttaburra saurus, un dinosauro venuto dal Triassico, provincia di Venezia, famosissimo in ambito scientifico per la sua incerta provenienza e distribuzione areale.

Subito corse a tutto spiano in direzione opposta urlando come un matto “un muttaburraaaaaaaa, ohhhhhhhh il mio secondo muttaburraaaaaaaaa” dimenticando che era stato proprio lui a definire che nella vita di quel particolare tipo di sauro, dopo la morte la velocità di decomposizione era talmente veloce da ridursi ad esemplare perfettamente fossile in 10 minuti circa. Ne rimanevano approssimativamente 3 e lui, cazzone com’era, si esaltò talmente per la rarissima scoperta (tenete conto che era appunto il secondo esemplare mai osservato al mondo prima) che perse l’occasione di capirne finalmente i processi velocissimi di fossilizzazione delle parti molli solo per via di uno spritz in compagnia offerto da alcuni studenti del vicino Dipartimento di Geologia e Paleontologia dell’Università di Padova. La mezz’ora di ritardo risultò fatale e tutto si ridusse successivamente a mero studio di un esemplare certamente raro ma pur sempre, ormai, completamente fossile. Inutile dire che Irbarol, una volta tanto, rimase banalmente pietrificato.

Il Muttaburra Saurus è l’unico rettile di età geologica ad essere un mammifero. Esso passa il tempo a brucare erba da purissimo erbivoro e non perde tempo in fandonie: infatti colleziona figurine dei calciatori scambiando le sue “ottuple” accumulate nel tempo con le “doppie” di un qualsiasi altro collezionista degli ultimi anni. Inoltre, utilizzando vari trucchetti imparati nei milioni di anni riesce ad aggirare i poveri antagonisti collezionisti con ad esempio la tecnica dell’offerta in busta chiusa (in realtà un trucco pilotato) in cui vengono messe un numero di figurine indefinito in delle buste il cui contenuto verrà regalato solo a chi ne indovina il numero.

Oppure il vecchio trucchetto del “tracchete!” che consisteva in una semplice domanda tipo: “hai per caso la figu del formidabile Mohamed Diab El-Attar dell’Egitto del 1957 in finale della Coppa delle Nazioni Africane?” Riposta: eccolo! Cosa mi dai in camb… e tracchete! Sottratta la figurina.

Oppure la tecnica del fuggi-fuggi quando fingeva abilmente l’arrivo di uno tsunami per cui tutti scappavano lasciando le figurine che regolarmente intascava. Poteva permettersi di tutto.

“Non si fa così. Sii maledetto, muttaburra saurus!” urlavano tutti al momento della truffa.

In questa maniera solo lui riuscì a completare 124 album sulla Coppa d’Africa senza dover ricorrere alle costose spese di spedizione delle richieste di figurine mancanti alla casa editrice.

Il muttaburra saurus è stato quattro volte sulla Luna.

La prima volta nel 1987, ben dopo lo sbarco dell’uomo, fu quella in cui volle accertarsi che fosse successo veramente. Guidò personalmente una navicella ribattezzata Apellefigliodiapollo 13 in onore di Francesco Feceunapalladipelledipollo, un noto astronomo italiano mai esistito ma rimasto nell’immaginario di tutti per un suo intervento scientifico sugli ammassi globulari quando venne invitato da Paco Lanciano ad una puntata di Quark. Con la navetta allunò abilmente nel mezzo dell’impervio cratere di Tycho, 42° 30’ 20” SUD di latitudine e 11° 14’ 33” OVEST di longitudine. Tutte cose che lui non sapeva. Tornò immediatamente per via della solitudine.

La seconda volta fu 6 mesi dopo, a febbraio, ma dopo l’allunaggio venne colpito subito da una ignota malattia e morì.

La terza volta, nel 1991 non fu propriamente lui ad andare sulla Luna ma fu la Luna a cadergli quasi in testa* per via di una anomalia dell’orbita ellittica di rivoluzione attorno alla Terra. Il 23 settembre di quell’anno ci fu un apogeo di soli 35 metri e un gran turbinio di oggetti che passavano da un corpo celeste all’altro per via della smisurata variazione delle forze di gravità che sulla terra in quel punto preciso raggiunsero il valore di +3,33 m/s2.

L’ultima volta, la quarta, raggiunse la Luna solo con il pensiero, riuscendosi a concentrare moltissimo e immaginando di fare le tabelline. Il suo motto era: “è il pensiero che conta”.

Il muttaburra saurus fu una delle scoperte più importanti di Irbarol, probabilmente quella che lo portò ad avere una certa fama internazionale, riconosciuta tuttora dai maggiori studiosi di paleontologia. La cosa fu possibile grazie all’abile e preventiva azione di tradurre il muttaburra saurus in inglese per poi lasciarlo lì in balia di se stesso.

Il primo gennaio del 2000, Irbarol ricevette dall’Università di Trebaseleghe e Colonia, a coronamento della sua carriera, l’ambitissimo premio per lo studio più rappresentativo del XXI secolo sebbene col baco del millennio ci furono in questione parecchie discussioni sulla regolarità dell’assegnazione.

Vinse per scarsità di partecipanti, in totale di uno, lui compreso.

Dopo il grande successo del muttaburra saurus, Irbarol cercò nei fossili viventi il suo maggior interesse concentrando i propri sforzi per scoprire qualcosa di ancor più sensazionale. Fu quando un gruppo di studiosi italo-americani capeggiati da Toni Brusatin riuscirono a precederlo nella scoperta dei primi esemplari di celacanto nei mari profondi delle isole Comore, a nord ovest del Madagascar, che deluso si diede all’alcool, alla prostituzione e al commercio equo e solidale di pellicce dell’allora comunissima tigre bianca del bengala.

Ma nei confronti degli oceani riuscì a prendersi una rivincita: capiremo infatti i frutti della sua testardaggine ascoltando la prossima puntata dedicata all’incredibile plancton del Mar Rosso.

*Fonte: episodio “La distanza della Luna” in “Le cosmicomiche”, Italo Calvino, 1965.

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