Lo Yetigal

Nella primavera del 1982 Asgard Kioskesen si trovava sul Nevegal in cerca di conferme alle voci che volevano la presenza nelle vette bellunesi di un mostruoso Yeti Ramato, o Yeti del Nevegal, o uomo delle nevi del Nevegal, o abominevole uomo delle nevi del Nevegal. Meglio per tutti se Yetigal.

Il mostruoso scimmione, esemplare di tre metri e dieci per 9 quintali, fu sentito per la prima volta l’anno prima.
Egli, infatti, già visivamente appariscente per l’affascinante color ramato liscio vivo della folta peluria (che sullo sfondo delle nevi del Nevegal creava uno spettacolare contrasto cromatico), si fece più che altro notare per i suoi tirolesi Yollalalahiihiii provenienti dalla cassa toracica della capacità di 157 litri di cui è dotato, cosa che allarmò anche la Protezione Civile per il pericolo valanghe che comportava.

Egli era un grandissimo simpaticone ed altrettanto un grande fifone: infatti se l’uomo gli arrivava a tiro, se la dava pomposamente a gambe levate. Il bello è che attirava l’attenzione degli uomini inconsapevolmente in ogni modo possibile: con il suo grido alpestre, col suo colore, coi suoi balletti ad ogni tramonto (che romantico questo bestione che sembrava ardere ogni sera al bagliore dei raggi solari delle serate invernali finchè si dimenava in lambade da lui stesso canticchiate), con i suoi escrementi delle dimensioni di un fustino dell’umido e dell’odore di un fustino dell’umido pieno di escrementi di uno yetigal.

Chi riuscì ad avvicinarlo riportò di due meravigliosi occhi cromati più uno di scorta satinato opaco che lo facevano sembrare al contempo umano e divino; tutti concordarono che il suo sguardo lieto ma inesorabile e profondo invitava in qualche modo a confessarsi con lui, a farsi psicanalizzare.
Asgard Kioskesen ebbe la fortuna di trovarselo davanti senza che lo Yetigal se ne accorgesse (sennò se la sarebbe pomposamente data a gambe levate): dopo aver osservato il balletto di saluto alla luce del grizzly bellunese, Kioskesen gridò il suo Yollalalahiihiii per stringere amicizia, provocando una slavina che investì la povera bestia.

Si dovette aspettare il disgelo di maggio per rivederlo in azione, anche se raffreddato. Talmente si era infreddolito sotto i ghiacci che si spinse fino a soli 300 metri di altezza, al confine con i vigneti da coltivazione e con il clima mite, dove un giorno venne sorpreso nel bel mentre del suo pisolino pomeridiano da una abbondante pompata di verderame di Toni Vixela che lo investì in pieno.
E questo fu lo spartiacque con ciò che lo Yetigal è oggi. Il suo stupendo pelo rame ossidò completamente in un magnifico corten perfetto che divenne ricercatissimo dai più noti architetti a livello mondiale.

Lo Yetigal fu il primo animale ad essere studiato più da ingegneri edili ed architetti che da etologi e zoologi, tanto che una volta abituata la bestia alla presenza umana, cosa peraltro possibile anche grazie alla contestuale ossidazione delle sue molecole cerebrali che gli inibirono la percezione della paura, il settore edile sfruttò la sua immagine come testimonial della Mapei e con il lancio da parte delle Fornaci di Possagno dello Yetiton, “il mattone che porta 9 quintali”.

Furono anni di grandi gioie per lo yetigal, anni di caviale e champagne, anche se lo yetigal per natura preferiva sempre la carne ai ferri di Kioskesen con una fetta di polenta e un goto de moro de Toni Vixela.
Imparò perfino ad usare uno smartphone appositamente studiato dalla Brondi (l’unica azienda in grado di fornirgli una tastiera a dimensione delle sue dita, su schermo da 20” per un peso di 7 kg.) ed a messaggiare con What’sApp.
Ma la crisi edilizia degli anni 2000 intristì lo yetigal, che tornò a vita isolata sulle pendici del Nevegal, dove una volta l’anno Kioskesen va a trovarlo per una bella grigliata mista ed un balletto al tramonto. Quest’anno i due hanno anche in programma partite dell’Italia ai mondiali con pizza e birra; per il rutto libero bisognerà aspettare il nulla osta della protezione civile dopo consultazione del bollettino delle slavine di giugno.
Da notare che la nota azienda casearia Lattebusche di Busche nel 2012 ha lanciato un nuovo formaggio fresco al miele di castagno in formine da 250 grammi insignendolo del suo nome.
Il formaggio non ha ancora avuto un gran riscontro tra i consumatori, ma secondo gli analisti ciò non è dovuto ad una caduta di popolarità dello Yetigal, sempre peraltro molto alta. Il prodotto non sembra aver conquistato una sufficiente fetta di mercato per due principali motivi:

  • la pezzatura in forme da 250 grammi sigillate che non ne permette la vendita a fette (ciò nonostante non si è conquistata nemmeno una sufficiente forma di mercato).
  • Il miele di castagno fa schifo.

Nell’ottobre 2013 lo yetigal, davanti ad una costina e ad una salsiccia e forse incoraggiato da un goto di moro a stomaco vuoto, ha espresso a Kioskesen la volontà di trasferirsi sull’Himalaya in cerca di una abominevole donna delle nevi.

La raccolta di fondi per il trasporto in elicottero in Nepal sta proseguendo bene. Vi partecipa in primis la fondazione Lattebusche. La controllata casearia Lattebusche, infatti, tramite il lancio del formaggio “Yetigal Spartiacque” (in vendita anche in forme affettabili da 20 kg ed aromatizzato ora al miele d’acacia) sta introitando parecchio e può partecipare alla campagna versando grandi somme.
La partenza per l’Himalaya oggi sembra possibile ed è prevista per marzo 2015.

Il Nevegal si prepara all’evento con la più copiosa nevicata dei tempi moderni ed il sole da gennaio a marzo rallenterà il tramonto per permettere a tutti di godere per le ultime volte del grandioso spettacolo del ballo di ringraziamento dello Yetigal.

Questa voce è stata pubblicata in etologia, in rilievo, matematico-fisico-chimica, reprise.

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