Il Pezquera Domuzzos

Nel diciassettesimo secolo, in una Iberia sconvolta dal dualismo pelotistico tra gli eserciti della Invincibile Armada de Barceloneta e della Real Plotonica de Madrid, la popolazione viveva tra stenti e povertà alla continua ricerca di un tozzo di pane da dividere in famiglie da 17/18 persone.
Anche un pisello sarebbe stato diviso in tante, se solo ce ne fosse stata la forza vista la denutrizione diffusa.
Il pisello era molto ricercato, preferito lesso “alla Norma” o infornato “sul pajaro”; famosissimo il pisello di Lumignano, grosso e addirittura, a detta di molte, dolce.
Lumignano nella sua vita infatti trombò come un becco di Monte di Calvene in tempo di guerra.
Il pisello divenne la metafora stessa della vita di quegli anni, in cui l’astinenza alimentare non poteva che tradursi in un’ingordigia erotica che potesse riempire i vuoti ed i languori in un continuo mescolarsi di popolari serate a gnocche con piselli o lumachine con le fave, o che potesse sostituire i sogni attraverso più signorili bresaole con carote oppure fagiane con le teghe; nonché mediante teutoniche patate con i wursteln o anglosassoni filetti di angus con i finferli, per finire (per i più golosi) con frittelle e cannoli o con una macedonia di frutti della passione e banane.

Per gli amanti del pesce il chiodo fisso era una bella pepata ‘e cozze con capitone senz’e recchie, per i vegetariani emblematica (ma pesantina) la pianta carnivora col baobab.
Per i più maiali i sogni eroticoalimentari (per i quali in questi anni fu appositamente coniato il termine culinari) erano la patasgnacchera con lo strione, la magnacapocchia con serpente da n’occhio solo, la buscedda con lo sperru, mentre per i più “easy” c’era sempre il sacco a pelo del cicio; ovviamente col cicio.
In questi anni di stenti e lotte coi mulini a vento, perfino il mondo animale dovette modificare usi e costumi per la sopravvivenza.
E, come già all’ora scrisse Pijero Anjelos nel suo trattato politico-etologico del 1619 “De los modificaciones del pierro e de la ezquerda”, avvenne che il classico mulo da tiro spagnolo razza Victor Munoz detto “Muloz” a seguito delle sue peripezie alimentarie modificò le sue abitudini sessuali aumentando considerevolmente (“tambien como los humanos”) le fasi riproduttive in mancanza di momenti di soddisfazione alimentare.
Da stretto parente del mulo illirico, del mulo catalano e di quello di Martina Franca, si imbastardì con la cavalla murgese e quella di Razza, nonché con l’asino di Lubumbashi fino ad alzare il garrese di 10 cm ed ad allungare l’apparato riproduttore di 20.
Ma la novità vera era l’abbandono dello status di animale sterile, che gli permise di procreare una razza pura e duratura di quello che fu classificato come Pezquera Domuzzos.
La sua attività sessuale crebbe più che proporzionalmente a quella dell’altezza del garrese, tanto che a metà del XVII secolo il famoso detto “el chava como un muzzos” divenne “el chava come Domuzzos”.

La razza trovò terreno fertile soprattutto in paesi come Quijote de la Mancia, Arrojo del Polluelo, Gnocca di Porto Tolle, Chickerell, Fertilia in sardegna e Parenzo.
Nel 1982 l’attrice francofona Brigitta Bardotto fece una campagna per salvare il Pezquera Domuzzos dalle persecuzioni equestri, dovute al fanatismo della religione “Furia equina” che voleva eliminare il Pezquera per salvaguardare la normale attività riproduttiva della specie, avendo la quasi totalità delle cavalle una ormai spiccata preferenza verso la razza mulo-ispanica.

Negli anni 90 l’avvento del Viagra diede un altro affondo al talento naturale del Domuzzos: qualsiasi ronzino azzoppato o pony non vedente soddisfava ugualmente a dovere anche le cavalle con le spattaggaffare più esigenti.

Ma il Pezquera venne definitivamente messo alla gogna soprattutto dagli incentivi regionali per il ripopolamento delle zone collinari della razza originale Equus mulus, che portò i pochi ottuagenari contadini rimasti a vivere nelle suddette zone a sostituire con gli incentivati ed operosi muli originali quei fancazzisti scopatori dei Domuzzos.
L’ultimo Pezquera Domuzzos rimasto fu tristemente consumato con grande gioia culinaria, in una serata di orgie postelettorali, alla trattoria Filippetto, realmente sita in una nota contrada dal nome molto curioso, in comune di Sovizzo, Vicenza.

Tutto ciò che resta di questa epica razza è un filetto di ciccio da mezzo metro congelato nel freezer della macelleria marocchina “Abdellillah Ettaher” di corso Padova, Vicenza.

Asgard Kioskesen, 2013

Questa voce è stata pubblicata in entourage, in bacheca, reprise.

3 commenti

  1. Sono Ettaher, il macellaio marocchino. Vendo filetto di Pezquera a 100 euro al centimetro. Vero affare. Pezzo unico. Ma posso farne vari pezzettini unici. Solo su prenotazione.

    • Sono quell’ultimo esemplare di Pezquera Domuzzos… Nell’ultimo anno di vita, in seguito a depressine da accantonamento testicolo-fallico ho partecipato a due Alleluja-meeting di Programmazine Neuro Linguistica (PNL) tenuti a Palo Alto… I due corsi mi diedero una tale carica e ottimismo che sono ancora qui a chiedermi perchè piangiate il Pezquera Domuzzos ottimista… Io sto benissimo! Anche appeso per i coglioni in una cella frigorifera… Ragazzi, la vita è bella! Vivetela fino in fondo!

      Con stima e amicizia

      Pezquera Domuzzos ottimista

      • Scusami per caso hai conosciuto in passato il maialino ottimista?

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